Aldifuori...

Colei che nessuno arruola e che è guidata soltanto da una natura impulsiva, la passionale complessa,
la fuorilegge, la fuori da ogni scuola, l'isolata ricercatrice dell'aldilà...

giovedì 19 gennaio 2012

La Bande à Bonnot: des voleurs d'automobiles

È attorno alla figura di Jules Bonnot che gravitava l’omonima banda francese che operò tra la fine del 1911 e il 1912. I furti ai ricchi borghesi e le rapine in banca erano gli obiettivi a cui miravano gli uomini che ne facevano parte, tra cui Raymond Callemin, Octave Garnier, Edouard Carouy, André Soudy, Etienne Monier, René Valet, Eugène Dieudonné.


Jules Bonnot (1876-1912)
Fu cresciuto solo dal padre in seguito alle morti della madre e del fratello. Non potendosi permettere i costi degli studi, iniziò da ragazzino a lavorare come operaio nelle fabbriche della Peugeot ma le sue idee sin da subito anarchiche e sindacaliste lo condussero verso la strada del licenziamento, finendo addirittura in una sorta di lista nera dei sovversivi che girava tra gli imprenditori francesi. Finì in carcere per la prima volta in seguito ad una rissa con un poliziotto; scontata la pena si sposò con Sophie con cui ebbe una figlia che però morì dopo non molto. La vita lavorativa di Jules era resa difficile e tormentata a causa del suo impegno sindacale costatogli la “cattiva reputazione” presso il padronato. Dopo esser stato abbandonato dalla famiglia, e rimasto dunque solo, sopravvisse compiendo le prime rapine.
Nel 1910 si trasferì in Gran Bretagna con la speranza di ottenere un impiego: lì infatti divenne chauffeur di Conan Doyle, autore di Sherlock Holmes. Conobbe inoltre l’anarchico italiano Giuseppe Sorrentino con cui mise in atto furti e rapine in auto e in moto, prima in Gran Bretagna e poi in Francia, a Lione. Il rapporto tra i due era spesso soggetto a litigi e disaccordi, soprattutto quando Sorrentino stava cominciando ad allontanarsi dalla propria visione politica. L’anno dopo quest’ultimo morì in circostanze non del tutto chiare e gli occhi di tutti furono puntati su Bonnot che cercò rifugio presso gli anarchici individualisti di Parigi legati alla libreria L’idée libre. Alcuni di questi abbracciarono l’idea di organizzare un gruppo illegalitario che compiesse espropri proletari volti al sostentamento di essi stessi, al finanziamento del movimento anarchico e ad anche alla dimostrazione di come il sistema capitalistico fosse in realtà vulnerabile. Cominciò allora tutta la serie di azioni di quella che i media definirono Banda Bonnot e che portò lo stesso Jules a distanza di pochi mesi ad essere letteralmente braccato dalla polizia. Trovò rifugio presso diversi compagni mentre la polizia ormai lo teneva sotto scacco. In una sparatoria venne ferito ad una gamba e rimase un paio di giorni a letto trovando ospitalità presso il meccanico anarchico Joseph Dubois. I poliziotti irruppero anche a casa sua uccidendo Dubois senza farsi troppi scrupoli; Jules continuò la sua lotta anche negli ultimi istanti di vita mentre ormai tutta l’abitazione crollava sotto il fuoco dello Stato, e nelle ultime ore che gli restavano riuscì a scrivere una sorta di testamento in cui scagionava la signora Thollon (la donna di cui si era innamorato e che era stata arrestata pur non facendo parte della banda), Antoine Gauzy ed Eugène Dieudonné, riportando inoltre le motivazioni che lo avevano portato ad una scelta tanto radicale di vita:
«Era la felicità che avevo inseguito per tutta la vita, senza esser capace neppure di sognarla. L’avevo trovata, e scoperto che cosa fosse. La felicità che mi era sempre stata negata, avevo il diritto di viverla quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti. Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, in ogni caso nessun rimorso»


Il contesto storico
Si trattava di un’epoca in cui le azioni dirette, dunque la propaganda col fatto, di matrice anarchica -in Europa come nel resto del mondo- non mancava di certo, basti ricordare i nomi di Caserio, Vaillant, Ravachol, Luccheni, Bresci, Czolgosz, Henry, Angiolillo, ecc.
In Messico, tra l’altro, iniziò una rivoluzione (1910) avviata da una prima rivolta armata e sociale contro il dittatore Porfirio Diaz.
In Francia non si erano spenti inoltre gli echi propagandistici di Albert Libertad («Non aspettare la rivoluzione: quelli che promettono la rivoluzione sono buffoni come gli altri. Fai tu stesso la tua rivoluzione. Essere uomini liberi, vivere da compagni») noto per il suo intenso attivismo, nonostante le condizioni fisiche non gli erano di certo favorevoli; molti dei suoi articoli furono scritti per la rivista L’anarchie.
D’altro canto in quel periodo la CGT stava ormai prendendo una deriva riformista, in un clima in cui la repressione si faceva sentire in maniera sempre più determinata incidendo negativamente sulla vita degli anarchici e delle anarchiche.
Dinanzi all’ostilità dello Stato e di tutte le sue istituzioni diventava sempre più difficile condurre una vita dignitosa per coloro che abbracciavano l’ideale antiautoritario. Perciò in seno a tutte queste circostanze nacque un gruppo di uomini decisi ad intraprendere una via altra per sopravvivere e far sopravvivere il movimento, ed erano uomini -Callemin in primis- giunti ad un livello tale da non temere neanche la morte, essendo perfettamente coscienti dell’elevato rischio di incorrere in quest’ultima. Erano uomini che non avevano più nulla da perdere...


La Banda Bonnot
Quando Jules Bonnot ritornò in Francia nel 1910, fu introdotto negli ambienti anarchici parigini da Eugène Dieudonné, ed in particolare presso coloro che erano vicini al giornale L’anarchie, ma dal quale poi si allontanarono (a causa dell’arrivo di Rirette Maitrejean e Victor Serge con i quali non erano proprio in ottimi rapporti a causa di mancate condivisioni di idee in materia soprattutto di azioni dirette) per poi frequentare la libreria L’idée libre.

Scrisse di alcuni di loro Victor Serge:



Edouard Carouy
Raymond la Science
Raymond la Science (Raymond Callemin) ed Edouard Carouy: «… erano assoggettati a discipline alimentari (vegetarianesimo assoluto, né vino né caffè, né tè né menta…), ed esponevano di continuo i misfatti del sentimento, invocando soltanto la “ragione scientifica” e “l’egoismo cosciente”»; 
                                   
Octave Garnier «..bel ragazzo, abbronzato, silenzioso dagli occhi neri straordinariamente duri e ardenti […] respingeva la discussione con gli intellettuali. “Frasi, frasi”, diceva…»; 


André Soudy
Octave Garnier


André Soudy «Incarnava in modo perfetto l’infanzia oppressa dei vicoli; cresciuto sul lastrico, tubercolotico a tredici anni, sifilitico a diciotto...»; 
                                                                                               


René Valet «Aveva una bella testa quadra dai capelli rossi , un mento energico, occhi verdi, mani vigorose, andature da atleta […] si gettò in un avventura per spirito di solidarietà, per aiutare i compagni perduti…»;
ed Etienne Monier, detto anche Simentoff, scrisse di se stesso: «...il mio ardente desiderio [è] che un giorno, non lontano, reni nelle istituzioni sociali un massimo di benessere e d’indipendenza, al fine che l’individuo...possa meglio consacrare a quello che fa la bellezza della vita, all’istruzione soprattutto alla scienza»

La Banda, che si costituì senza alcuna struttura gerarchica o senza formalità d'altro tipo (ognuno era libero di volta in volta di scegliere se partecipare o meno ad un colpo), intendeva assaltare le banche utilizzando automobili di grossa cilindrata opportunamente rubate prima di ogni previsto "colpo". Bonnot era infatti un abilissimo guidatore ed era adattissimo a questo scopo. I soldi espropriati avrebbero dovuto servire per sostentare se stessi e gli ambienti radicali dell’anarchismo parigino; inoltre l’obiettivo fu anche quello di terrorizzare la società capitalista e dimostrare a tutti la sua vulnerabilità, di là degli schieramenti di polizia preposti a difendere le banche e le case dei ricchi borghesi. Per far questo la banda dovette dotarsi di tutta una serie di appoggi e agganci “minori” cui fare affidamento in caso di necessità: il garagista Dettweiller, il meccanico Dubois, e poi anche Barbe Leclec’h, Antony Gauzy, Marie Schoofs (fidanzata di Garnier), Rodriguez, David Bellonie, Beswnard, Rimbaud, Gorodesky, Crozat de Fleury, ecc.



Azioni della Banda Bonnot
Le azioni della Banda, che colpiva in piena luce del giorno con lo scopo di terrorizzare la società capitalista, sorpresero tutti per l’audacia e la sfrontatezza:
14 dicembre 1911: Bonnot, Garnier e Raymond la Science rubarono una Delaunay-Belleville da utilizzare in una prima rapina.
21 dicembre 1911: alle 9:00 della mattina, gli stessi tre uomini assaltarono in automobile i portavalori della banca Société Générale, in via Ordener a Parigi. Fu quella la prima volta in cui un'automobile venne utilizzata per una rapina bancaria; ne scaturì un conflitto a fuoco, Octave Garnier ferì gravemente un addetto al servizio del portavalori, Ernest Caby, ma il totale del bottino ammontò solo a 5000 franchi e a titoli vari difficilmente smerciabili. (Callemin portò parte dei titoli all'anarchico belga De Boe nella speranza che questi riuscisse a convertirli in denaro contante. In seguito David Bellonie e Rodriguez provarono a smerciarne un'altra parte ad un usuraio parigino, che però li "ringraziò" spifferando tutto alla polizia. L'aver aiutato la banda Bonnot costò a De Boe, Bellonie e Rodriguez una successiva incriminazione per complicità e il processo insieme agli esponenti principali della banda).
31 gennaio 1912: a Gand, in Belgio, Edouard Carouy, Octave Garnier e Jules Bonnot tentarono il furto di un'altra automobile. Lo stesso giorno Victor Serge e la compagna Rirette Maitrejean vennero arrestati con l'accusa di complicità ideologica con gli esponenti della banda (cosa inverosimile visti i pessimi rapporti tra i due gruppi, anche se non mancarono gli atti di solidarietà in nome della fratellanza anarchica).
27 febbraio 1912: a Saint-Madé, Raymond Callemin, Octave Garnier e Jules Bonnot tentarono ancora un furto di un automobile, un poliziotto, che di cognome faceva incredibilmente Garnier, reagì e venne assassinato proprio da Octave Garnier. Il giorno seguente i tre assaltarono la casa d’un notaio e ne nacque un'ennesima sparatoria. (Incredibilmente, durante il successivo processo a carico della banda, Eugene Dieudonné sarà indicato da Caby come il responsabile del suo ferimento durante la rapina del 21 dicembre, fatto non rispondente al vero giacché egli mai partecipò alle azioni della Banda Bonnot.)
25 marzo 1912: René Valet, Etienne Monier, André Soudy, Jules Bonnot, Octave Garnier e Raymond Callemin, mentre erano diretti a Chantilly, rubarono una Limousine Dion-Bouton. Uno dei due occupanti fu ucciso per aver cercato di respingere gli assalitori. Lo stesso giorno con quella macchina rapinarono la locale succursale della Société Générale di Parigi: 49.000 franchi il bottino ottenuto, oltre a due impiegati morti (mentre uno rimase seriamente ferito) durante la sparatoria scatenatasi dentro e fuori la sede della Banca (Soudy era l’unico del gruppo rimasto fuori nella Piazza a tenere a bada la folla con il suo fucile). Al colpo avrebbe dovuto partecipare anche Edouard Carouy, ma qualche giorno prima era stato vittima di un infortunio mentre maneggiava la sua stessa pistola e fu quindi scelto di tenerlo a riposo in un rifugio sicuro, anche se gli fu promessa ugualmente la sua fetta di bottino.


Epilogo
Dopo le ultime rapine le maglie della polizia si strinsero sempre più intorno alla banda, il governo si appellò al popolo affinché rispolverasse l'amor di patria ed indicando gli anarchici quali i primi nemici da sconfiggere. Per alcuni militanti dell'Idée Libre non ci fu scampo, vennero fermati e accusati di qualsiasi crimine compiuto in quel periodo. Jules Bonnot, in fuga per quattro giorni, morì il 28 aprile 1912.
Per gli altri esponenti della banda ugualmente il destino era segnato: il 15 maggio 1912, Octave Garnier e René Valet morirono durante il violento assalto della polizia e dell’esercito (a suon di bombe e cariche di dinamite) alla casa in cui i due si nascondevano. Tutti gli altri illegalisti furono arrestati, accusati indistintamente d’appartenenza alla Banda Bonnot (in qualche caso senza prove alcune, come Dieudonné che era effettivamente innocente) furono processati a partire dal 3 febbraio 1913.


Il processo e le condanne
Il processo vide una ventina di imputati, alcuni accusati di aver in qualche modo sostenuto la banda (Barbe Leclec’h, Marie Schoofs, Dettweiller, Rodriguez, Rimbaud, Crozat de Fleury,…), altri, a torto o ragione, di averne fatto parte (Raymond Callemin, Eugene Dieudonné, Etienne Monier, André Soudy, Marius Metge ed Edouard Carouy) o di esserne gli ideologi (Victor Serge e Rirette Maitrejean).
Fra i trecento testimoni chiamati a deporre, Séverine, Pierre Martin e Sébastien Faure lo fecero in favore degli imputati, mentre l'uomo del portavalori, Ernest Caby, continuò sempre ad indicare in Dieudonné l'uomo che l'aveva sparato. Durante tutto il processo molti degli illegalisti diedero prova di tracotanza irridendo la giuria e i due procuratori che li accusavano:
«I principali imputati erano Raymond Callemin, André Soudy, il giardiniere Monier, il falegname Eugéne Dieudonné, negavano tutto, e avevano, in via puramente astratta, il gioco facile; in realtà, gli indizi inconfutabili li uccidevano, salvo Dieudonné che era realmente innocente, non di tutto, ma di quello di cui lo si accusava, per una somiglianza dei suoi occhi neri con altri occhi più neri che erano nella tomba. Lui solo gridava la sua innocenza, senza stancarsi con frenesia, formando un contrasto impressionante con i colpevoli insolenti e beffardi che dicevano calmi con tutto il loro contegno “Vi sfidiamo a darne le prove!”. Siccome tutti sapevano la verità, la prova diventava superflua, lo sentivano e continuavano a fare il loro mestiere di desperados. Sorridenti, aggressivi, prendendo degli appunti, Raymond “negava il diritto di giudicare“, ma si inchinava dinanzi alla forza, rivolgeva al presidente delle frasi spiritose; Soudy, interrogato a lungo sulla proprietà di una carabina, rispondeva tranquillamente: “Non è mia, ma, come sapete, Proudhon ha detto che la proprietà è un furto”».*
Rirette Maitrejean e Victor Serge non solo si difesero strenuamente, ma respinsero i tentativi di trasformarli in delatori e da accusati si trasformarono in accusatori:
«L’accusa […] mi aveva attribuito la parte dell’ideologo, ma dovette abbandonare questo disegno fin dalla seconda udienza […] nessuna responsabilità né diretta né indiretta mi incombeva in quei drammi […] non ero là che a causa del mio rifiuto categorico di parlare, cioè di farmi delatore. Distruggevo l’accusa su alcuni punti di dettaglio e questo era facile; difendevo la dottrina –libero esame, solidarietà, rivolta – e questo era molto più difficile e scontentavo i colpevoli “innocenti” dimostrando che la società fabbrica il crimine e i criminali, le idee disperate, i suicidi e il denaro-veleno…»*


Il 28 febbraio la giuria emise le seguenti sentenze:
Eugene Dieudonné
Raymond Callemin, Eugene Dieudonné (in seguito graziato e condannato ai lavori forzati, evaderà dalla detenzione in Guiana), Etienne Monier e André Soudy: condanna a morte;
Edouard Carouy e Marius Metge: lavori forzati a vita;
Victor Serge e Rirette Maitrejean: 5 anni al primo, assolta la seconda;
Antoine Gauzy: 18 mesi
Judith Thollon: 4 anni;
Personaggi minori (Georges Dettwiller, Bellonie, Crozat de Fleury, Benard, ecc.): tra i 4 e i 6 anni.


Le esecuzioni
Suicidatosi Carouy e convertita la pena dell’innocente Dieudonné ai lavori forzati a vita, il 21 aprile 1913 furono eseguite le condanne a morte di Callemin, Soudy e Monier:
«Dieudonné, l’innocente riconosciuto innocente, graziato, vale a dire mandato in galera a vita [...]evase parecchie volte.. raggiunse il Brasile. Raymond diede prova, nella sua cella di condannato a morte, di tanta fermezza che non gli nascosero la data dell’esecuzione. L’attese leggendo. Davanti alla ghigliottina scorse il gruppo dei reporter e grido loro: "È bello, eh?". Soudy chiede all’ultima ora un caffè e dei croissants […] evidentemente era troppo presto, non gli trovarono che un po’ di caffè nero. “Scalognato” disse, “fino in fondo”. Veniva meno per la paura nervosa, dovettero sostenerlo per le scale, ma si dominava e canticchiò, vedendo il biancore del cielo al di sopra dei castagni, un’aria di romanza di strada: "Salute, o mio ultimo mattino"…Il taciturno Monnier, folle di angoscia, si dominò e fu calmo.» *


* Victor Serge in Memorie di un rivoluzionario

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